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Credito ai consumatori: nuove norme, più tutela e trasparenza

Il 19 settembre scorso è entrato in vigore il Decreto Legislativo n.141/2010 che introduce nuove norme per la disciplina dei contratti di credito ai consumatori al fine di garantire più garanzie e trasparenza. I contratto di credito, si legge in una nota del Governo, è un importante strumento ch econsente di acquistare beni e servizi anche in caso di carenza di liquidità e favorisce le imprese che offrono tali beni e servizi. Le nuove norme modificano il Testo unico bancario (decreto legislativo n.385/93) e il Codice del consumo (decreto legislativo n.206/05) e saranno applicabili a tutti i contratti di credito, esclusi i finanziamenti di importo complessivo sotto i 200 euro e oltre i 75 mila euro. Nei prossimi 120 giorni la Banca d'Italia e Cicr (Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio) dovranno emanare la normativa di dettaglio sulla tutela del credito al consumo.

http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_9008.asp

Cambiano le regole del credito al consumo. Adesso è anche più facile ripensarci

Automobili, elettrodomestici e iscrizioni in palestra acquistati a rate? Cambiano le regole, dando più spazio al diritto del consumatore di poter scegliere in base a un'informativa leggibile, evidente e comprensibile. Ma anche alla possibilità di ripensarci e recedere con una procedura rapida e indolore.

Entra ufficialmente in vigore domenica 19 settembre il decreto legislativo 141 del 13 agosto 2010 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 207 del 4 settembre scorso) che allinea l'Italia alla normativa europea sul credito al consumo (direttiva 2008/48/Ce). Ma non solo. Il recepimento della misura Ue ha fatto da battistrada anche al riordino degli organi e dei poteri di controllo sugli enti finanziari, sui confidi, sul microcredito e, soprattutto, ha ridisegnato organizzazione, ruoli e accesso alle due professioni di mediatore creditizio e agente finanziario.

Tutti gli approfondimenti nella guide del Sole 24 Ore in edicola con il quotidiano di venerdì e «Plus24» di sabato.

In particolare «Plus24», il settimanale di finanza e risparmio del Sole 24 Ore, sarà in edicola con una Guida sulla riforma dell'attività degli agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi. Il decreto mette finalmente ordine nella platea di 190mila soggetti che esercitano il vitale ruolo di "cerniera" tra banche e finanziarie e clientela. «Plus24» se ne è già occupato il 10 e 24 luglio e il 7 agosto. Con questa guida si vuole dare risposta alle decine di richieste di informazioni arrivate dagli operatori.

«Plus24» riporterà una tavola sinottica con le principali novità introdotte dalla riforma per gli agenti in attività finanziarie e i mediatori creditizi e pubblicherà il testo integrale dei titoli IV e V del decreto legislativo 141.

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-09-16/credito-consumo-facile-ripensarci-160245.shtml?uuid=AYy4PVQC

Le associazioni dei consumatori possono accedere ai documenti del comune sugli autovelox

Le associazioni dei consumatori hanno diritto ad accedere alla documentazione comunale relativa al funzionamento e alla gestione degli autovelox. Lo ha deciso il Tar del Lazio che, con la sentenza 32099 del 2 settembre 2010, ha accolto l'istanza di accesso presentata da un'associazione a tutela degli interessi dei consumatori per poter prendere visione dei documenti riguardanti il posizionamento e la taratura degli autovelox nel comune di Fiumicino. L'istanza era stata avanzata dopo le segnalazioni di numerosi automobilisti, sanzionati per il superamento anche minimo dei limiti di velocità (in molti casi si trattava di un solo chilometro), rilevato attraverso apparecchiature autovelox in zone del territorio comunale dove la segnaletica non era neppure ben visibile. Il collegio romano, dopo aver ribadito l'ammissibilità della richiesta, ha sancito il diritto dell'associazione ad accedere ai documenti, "al fine di accertare se il funzionamento degli apparecchi fosse conforme alla legge, e in caso negativo, di tutelare anche in sede giurisdizionale gli interessi degli associati".

http://www.telediritto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2338:le-associazioni-dei-consumatori-possono-accedere-ai-documenti-del-comune-sugli-autovelox&catid=50:giurisprudenza-dir-amministrativo&Itemid=23

ENERGIA. Bollette pazze, Enel gas aprirà tavoli di conciliazione con i Consumatori

E' scoppiato da qualche giorno il caso delle maxi bollette Enel Gas. Sono migliaia i cittadini che in questi giorni stanno ricevendo da Enel gas bollette con importi dai 200 ai 1000 euro, e con scadenze di pagamento molto ravvicinate. "Ciò è inaccettabile - denuncia Federconsumatori - anche qualora i conteggi si rivelassero corretti, cosa di cui dubitiamo fortemente. Infatti, i conguagli che si riferiscono a 18 mesi di emissioni e con ricalcolo dei quantitativi di gas con nuove tariffe di vendita si stanno effettuando con sistemi largamente incomprensibili e difficilmente controllabili dagli utenti".

La denuncia di Federconsumatori ha ottenuto un primo risultato con l'apertura nei prossimi giorni di tavoli di conciliazione con l'Enel in tutto il territorio nazionale, al fine di fare le opportune verifiche, i necessari controlli e trovare le giuste e ragionevoli soluzioni. "Ribadiamo comunque di non pagare tali bollette e di aprire immediatamente la procedura di conciliazione, a partire dall'invio della lettera di contestazione il cui modello è disponibile sul nostro sito". "Certo è - dichiara Rosario Trefiletti, Presidente Federconsumatori - che tali situazioni non si dovrebbero mai verificare, anche perché l'esperienza dimostra che molte famiglie, di fronte alla possibile paura di taglio della fornitura, pagano prima di avviare, e in alcuni casi non avviando affatto, la procedura di conciliazione. Naturalmente, in questi casi, chiederemo la restituzione."

http://www.helpconsumatori.it/news.php?id=29128

La difesa del contribuente diventa sempre più difficile

Il nuovo redditometro delineato dal Dl 78/2010 (legge 122) – fondato sul confronto tra le spese sostenute in un periodo d'imposta e il reddito dichiarato dal contribuente e utilizzabile per gli accertamenti relativi al periodo d'imposta 2009 e successivi – è privo della presunzione riguardante gli incrementi patrimoniali. Quindi, è destinato a rendere maggiormente problematica la posizione del contribuente sotto esame.

La norma per gli accertamenti sino al periodo d'imposta 2008 prevede che nel caso in cui l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo in relazione alla spesa per "incrementi patrimoniali", la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti in quote costanti nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. Gli incrementi patrimoniali sono ravvisabili non solo nell'acquisizione di beni, come autoveicoli, barche o immobili, ma anche nell'acquisizione di pacchetti azionari, in operazioni di conferimento per sottoscrizione quote societarie, in acquisto di strumenti finanziari e via dicendo.
La "vecchia" disposizione, in sostanza, presumeva che all'incremento del patrimonio avesse contributo per lo meno il reddito conseguito dal contribuente nell'ultimo quinquennio: per esempio, l'acquisto di un box auto nel 2008 per 50mila euro è destinato a "pesare", salvo prova contraria, per 10mila euro di reddito sinteticamente attribuibile nei periodi d'imposta che vanno dal 2004 al 2008.
Con l'aggiornamento dell'accertamento sintetico operato dall'articolo 22 del Dl 78 la presunzione relativa alla "spalmatura" della spesa su un quinquennio è scomparsa: quanto rileverà per gli uffici fiscali sarà l'entità delle spese complessivamente sostenute dal contribuente nel periodo d'imposta posto sotto osservazione a seguito della discrasia di almeno il 20% tra reddito determinabile in modo sintetico e dichiarato.

Infatti, nei primi esempi forniti dall'agenzia delle Entrate concernenti la nuova modalità di ricostruzione sintetica la spesa effettuata per quello che, sino al periodo d'imposta 2008, è considerato un "incremento patrimoniale" viene conteggiata per intero e non per quinti.
Si profilano dunque ulteriori problemi per la difesa del contribuente, il quale se in passato poteva contare su una norma che, nella peggiore delle ipotesi, gli riconosceva una capacità di risparmio per lo meno quinquennale, dal periodo d'imposta 2009 potrebbe incontrare maggiori difficoltà derivanti dall'assenza di questa sorta di rete protettiva.
In una situazione del genere ciò che rileva non è la possibile diversità di trattamento in ragione delle fisiologiche differenze che caratterizzano, tanto oggettivamente quanto soggettivamente, il contraddittorio, quanto la strategia difensiva del contribuente. Questi, infatti, alle prese con presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, dovrà dare dimostrazione della sua "capacità di risparmio" nelle annualità pregresse per poter giustificare il sostenimento di una spesa rilevante avvenuta nel periodo d'imposta sotto osservazione. Trattandosi di un dato empirico, visto che la capacità di risparmio di un individuo è un elemento del tutto soggettivo, è probabile che sul punto possano innescarsi conflitti tra le parti in causa, essenzialmente legati all'assenza di un parametro di riferimento previsto nel "vecchio" strumento.

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2010-08-21/difesa-contribuente-diventa-sempre-104323.shtml?uuid=AY9Z8eIC

Al via l'iniziativa 'libri gratis' per contrastare rincari su materiale scolastico

Il Codacons ha denunciato l'arrivo di un nuova stangata per le famiglie italiane. Secondo l'associazione quest'anno si spenderà il 6% (rispetto al 2009) in piu' per l'acquisto di materiale scolastico. Sul costo complessivo dei libri ad incidere non è solo l'incremento dei prezzi ma anche la previsione di un numero maggiore di libri dovuto all'introduzione di nuove materie. In sostanza non c'è stata quella diminuzione del 30% sul costo dei libri che il Ministero dell'Istruzione aveva previsto. Per contrastare i rincari il codacons ha deciso di allestire una pagina web per lanciare l'iniziativa "Libri gratis" (www.codacons.net/librigratis). Attraverso questa pagina studenti e cittadini potranno scambiare o regalare libri di testo usati. In un comunicato stampa l'associazione spiega: "Chiunque possieda un testo scolastico e sia intenzionato a regalarlo o a scambiarlo con un altro libro, puo' accedere gratuitamente a questo servizio, iscrivendosi e pubblicando inserzioni nell'apposito forum". Nel sito basta specificare il libro che si vuole cedere e quello che invece si sta cercando. Grazie al servizio sarà anche possibile trovare siti internet che consentono di scaricare gratuitamente libri di testo.

http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_8880.asp

Viaggi all inclusive. Diritti e doveri di chi acquista un pacchetto tutto compreso.

Sono sempre di più i consumatori che alle vacanze “componibili” e “fai da te” preferiscono acquistare tramite agenzia o tour operator pacchetti turistici già completi di tutti gli elementi principali (trasporto, alloggio, gite, visite guidate, escursioni e quant’altro).
In questi casi il consumatore (parte debole) ha poca voce in capitolo, dal momento che i servizi turistici della formula all inclusive vengono scelti e combinati in una proposta unitaria dall’organizzatore. È proprio per questo motivo che il nostro Codice del Consumo agli articoli 82 e seguenti stabilisce precisi obblighi di informazione a carico dell’organizzatore/venditore oltre ad una disciplina dettagliata e protettiva per il consumatore.

Innanzitutto è prevista una tutela informativa rigorosa: agenzia e/o tour operator devono fornire per iscritto chiare e precise informazioni in merito a servizi offerti, prezzo, eventuale necessità di passaporto o visto, obblighi sanitari, generalità e recapiti telefonici contattabili in caso di necessità.
Ancora più dettagliato deve essere il contratto che va redatto per iscritto “in termini chiari e precisi” e consegnato al consumatore in copia sottoscritta/timbrata. Spesso il contenuto obbligatorio del contratto (destinazione, durata, prezzo, itinerario, caratteristiche della struttura ricettiva, tipologia di trasporto, copertura assicurativa, ecc.) risulta sinteticamente indicato nel modulo contrattuale, ma viene meglio illustrato in opuscoli, depliant e cataloghi i quali integrano il contratto e vincolano l’organizzatore ed il venditore in relazione alle rispettive responsabilità.

Per quanto riguarda il pagamento, è utile sapere che al momento della prenotazione l’importo massimo che può essere richiesto a titolo di acconto corrisponde al 25% del prezzo complessivo e il termine per il saldo (prima o dopo la partenza) va espressamente indicato nel contratto.

Soprattutto quando si prenota la vacanza con largo anticipo, può capitare che un imprevisto dell’ultimo momento impedisca la partenza. In questi casi ricordatevi che esiste la possibilità di cedere la prenotazione ad un’altra persona dandone comunicazione al tour operator o all’agenzia almeno quattro giorni lavorativi prima della data di partenza. Per evitare le spese di annullamento e le relative penali, è anche possibile stipulare contemporaneamente alla prenotazione oppure entro i successivi otto giorni un’apposita polizza assicurativa che garantisce la copertura in determinati casi (infortuni, malattie, ecc.).

Se il contratto lo prevede, l’organizzatore può aumentare il prezzo o modificarne in maniera significativa uno o più elementi, però, a determinate condizioni ed entro certi limiti.
La revisione del prezzo deve essere giustificata e documentata dalla variazione di costi del trasporto o del carburante oppure delle tasse portuali/aeroportuali o ancora del tasso di cambio applicato. In ogni caso l’aumento non può essere superiore al 10% del prezzo originario e comunque non può avvenire oltre i venti giorni prima della partenza, altrimenti il consumatore potrà recedere dal contratto oppure usufruire di un altro pacchetto turistico.
Per quanto riguarda le modifiche contrattuali, l’organizzatore/venditore deve darne immediato avviso scritto al consumatore il quale può anche scegliere di recedere senza il pagamento di penali, ma deve comunicare la propria scelta entro i due giorni lavorativi successivi al ricevimento dell’avviso. Qualora le modifiche intervengano dopo la partenza ed una parte dei servizi essenziali non possa essere effettuata, l’organizzatore deve predisporre adeguate soluzioni alternative senza costi aggiuntivi oppure rimborsare la differenza tra le prestazioni originariamente previste e quelle effettuate, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.

Se poi la qualità dei servizi risulta di gran lunga inferiore alle aspettative, l’albergo e la spiaggia non sono così esclusivi come venivano rappresentanti nel catalogo, e in ogni altro caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto, organizzatore e venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità. Il tour operator che si avvale di “altri prestatori di servizi” (vettori marittimi o aerei, alberghi ecc.) risponderà del loro inadempimento, salvo poi potersi rivalere nei loro confronti.

Ogni mancanza, però, deve essere al più presto contestata dal consumatore in modo tale che il tour operator o il suo rappresentante sul luogo possa rimediarvi tempestivamente. Al rientro dalla vacanza, poi, per ottenere i rimborsi ed i risarcimenti del caso sarà necessario inviare con raccomandata a/r, entro e non oltre i dieci giorni lavorativi successivi, un reclamo all’agenzia e/o all’organizzatore.
Sul sito della Casa del Consumatore sono a disposizione degli associati i modelli di lettera di reclamo, recesso, richiesta di rimborso e risarcimento.

http://consumatore.tgcom.it/wpmu/2010/08/16/viaggi-all-inclusive/

Codacons annuncia class action contro pulci su traghetto

Dopo le notizie relative alla infestazione di pulci su un traghetto della tratta Ancona - Spalato il Codacons scende in campo annunciando l'intenzione di promuovere una class action ed invita i Nas e la Asl a mettere in quarantena tutte le navi "Blue Line". In un comunicato stampa l'associazione dei consumatori mette in risalto le numerose difficoltà a cui sono andati incontro quest'anno i viaggiatori a partire dall'aumento delle tariffe per pedaggi autostradali, all'incremento del costo di biglietti aerei e dei treni sino al rischio concreto di incorrere in truffe quando si acquistano pacchetti vacanza. A queste difficoltà si è aggiunto ora il problema delle pulci. Il il Presidente del Codacons (l'Avv. Carlo Rienzi) commentando quanto accaduto ha dichiarato: "ci arrivano molte segnalazioni sui traghetti di linea che salpano dalle coste italiane: navi vecchie e perciò lente, inadeguatezza del personale di bordo, ma le pulci sulla nave è davvero troppo". L'Associazione ha rivolto anche un invito a coloro che si sono imbarcati sul traghetto per Spalato a conservare il biglietto e a segnalare quanto accaduto al call center nazionale 892.007 in vista di una class action diretta ad ottenere il risarcimento del danno.


http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_8866.asp

Responsabilità medica Infortunistica stradale Diritto Civile Diritto Penale Diritto del Lavoro Diritto Previdenziale Diritto di Famiglia Diritto Commerciale Diritto Costituzionale Diritto Amministrativo Tributario e Fiscale Immigrazione Condominio

Truffa Banca Popolare del Meridione, Pisani: “ Ci costituiremo parte civile per la tutela e la difesa dei cittadini raggirati”

“E’ scandaloso che nel 2010, dopo i tanti casi di truffa ai contribuenti avvenuti in questi anni, i risparmiatori, con la prospettiva di una fantomatica Banca Popolare del Meridione - che ad oggi non c’è - vengano ancora una volta raggirati e toccati nei loro piccoli risparmi”. Lo ha detto l’avvocato Angelo Pisani, Presidente dell’associazione NoiConsumatori in merito alla truffa della Banca Popolare del Meridione. Dopo la campagna pubblicitaria e la raccolta fondi, compiute un anno fa, che hanno visto sottoscritti circa 842 soci e raccolti 10milioni di euro, la Banca non ha ancora aperto i battenti, tant’è vero che il caso è finito alla Procura di Napoli con denunce relative ad irregolarità ed a somme consegnate e poi svanite nel nulla (l'ammontare scomparso è di circa 8 milioni di euro), proprio come lo stesso procuratore della Banca Popolare del Meridione, Raffaele Cacciapuoti, che si è praticamente volatilizzato.

“Chiedo agli organi di controllo – afferma Pisani – di intervenire immediatamente per tutelare i risparmi e gli investimenti dei cittadini, dei piccoli imprenditori e dei semplici professionisti che hanno speso denaro per una banca che non esiste. E’ necessario intervenire con misure preventive e cautelative”.

In merito alla vicenda Angelo Pisani si rivolge alle istituzioni non solo come numero uno di NoiConsumatori ma anche come legale di tutti quei cittadini che hanno investito i loro risparmi e che sono ancora in attesa di sapere che fine faranno i loro soldi.

“Simili raggiri pregiudicano la fiducia dei cittadini sia nei sistemi finanziari , sia nei confronti delle banche. Occorre creare un tavolo di confronto, di soluzione, che protegga e difenda questa fascia di investitori. In caso di eventuali azioni penali e di processi NoiConsumatori si costituirà parte civile con un comitato formato dai risparmiatori danneggiati e raggirati da tali vergognose operazioni finanziarie” – conclude Pisani.


LINK AL SERVIZIO DEL TG1 del 3 Agosto 2010 (minuto 13)


http://www.noiconsumatori.org/articoli/articolo.asp?ID=8980

"Attenti alle vendite porta a porta" I Consumatori attaccano l'Enel

Raffica di denunce, nel mirino le promozioni dei contratti per la fornitura di luce e gas.
Il Movimento Consumatori di Torino ha inviato all'Antitrust un esposto nei confronti della società Enel Energia e delle persone che lavorano per suo conto sul territorio per “pratiche commerciali scorrette ai sensi del Codice del Consumo”. Nell'occhio del ciclone sono finite le promozioni “porta a porta” dei contratti di fornitura di luce e gas. Decisione presa perché negli ultimi mesi all'associazione sono giunte una ventina di denunce fatte da cittadini, in particolare anziani, di presumibili truffe o raggiri che chiamavano in causa operatori dell' Enel. In pratica gli utenti hanno raccontato di visite di “finti letturisti dei contatori” ma anche di proposte poco chiare o ingannevoli il cui scopo era la sottoscrizione di un contratto. C'è chi, come la signora Anna, ha aperto la porta di casa a un ragazzo sui 20anni, con tanto di cartellino identificativo e moduli intestati Enel, che con molta gentilezza, le ha chiesto di visionare l'ultima bolletta della luce in modo da verificare a quale fascia di consumo appartenesse. Una verifica necessaria per inserirla nella nuova tariffa bioraria a lei più conveniente. Nel mentre, però, ha trascritto i dati riportati sulla bolletta AEM sul proprio modulo, che una volta firmato, si è trasformato in un contratto vero e proprio di passaggio delle forniture da AEM a Enel. Il tutto all'insaputa dell'ignara e ingenua signora. Le denunce parlano, infatti, di proposte ingannevoli di sconti volte alla sottoscrizione di contratti, attivazione di forniture non richieste, falsificazione di firme e imposizioni di ostacoli al diritto di recesso. Il Movimento Consumatori per ottenere la tutela non solo dei singoli utenti, ma anche collettiva, come previsto dal Codice del Consumo, ha chiesto all'Antitrust di “inibire tali pratiche commerciali e di sanzionare le società responsabili”.

http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/238422/

Forniture elettriche: difesa dagli abusi

Un contratto di qualsiasi tipo concluso con tecniche di comunicazione a distanza è regolato nei suoi principi generali dal Codice del consumo, che prevede la possibilità di esercitare il diritto di recesso entro dieci giorni lavorativi dalla conclusione del contratto.

Il contratto di fornitura elettrica è regolato nello specifico dal Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica ai clienti finali. Il Codice prevede che il venditore è tenuto ad inviare al cliente entro dieci giorni dalla conclusione del contratto (avvenuto con tecniche di comunicazione a distanza, ad esempio telefonicamente) copia integrale del contratto, una scheda riepilogativa dei corrispettivi, una nota informativa relativa al codice di condotta commerciale contenente tutti i riferimenti ed elementi identificativi dell’esercente e dell’incaricato che ha proposto e concluso il contratto.

Tutto ciò nella “normalità” dei casi. Ma che fare se, dopo una semplice telefonata di pubblicità commerciale, vi siete ritrovati serviti da un nuovo fornitore elettrico senza averlo richiesto?

Vi siete accorti del problema perché, da un certo momento in poi non avete più ricevuto le fatture elettriche del fornitore abituale e avete iniziato a ricevere quelle del nuovo fornitore indesiderato: solo allora vi siete accorgerti del cambio di fornitore.

O ancora, non ricevete più alcuna fattura, oppure due fatture di due distinti fornitori elettrici nello stesso mese…

Tutti questi comportamenti sono abusivi.

Fate quindi così: inviate un reclamo al vecchio e al nuovo fornitore, scrivendo chiaramente che non avete mai acconsentito al cambio e chiedete il ripristino della situazione precedente. Cautelativamente, comunicate in ogni caso la volontà di liberarvi da ogni rapporto con il nuovo fornitore “abusivo”. Inviate il tutto via fax e/o raccomandata ai riferimenti che trovate nei siti internet delle varie società di vendita, e al massimo dopo 30 giorni sarete liberi.

In aggiunta a quanto sopra, segnalate l’abuso alla AEEG (Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas) e alla Casa del Consumatore.

Non preoccupatevi, in questa situazione, di poter rimanere senza energia elettrica; infatti i piccoli clienti domestici in bassa tensione in questi casi vengono presi in carico dal fornitore che svolge nella zona il servizio cosiddetto “di maggior tutela” (ad esempio: Enel Servizio Elettrico, Acea, Asm, ecc.).

Nella sezione riservata agli associati del nostro sito, sono reperibili i moduli di recesso e di esercizio del diritto di ripensamento, nonché i moduli per i reclami scritti ed una piccola guida utile per la risoluzione di alcuni “casi”, che sono tra quelli che possono capitare più frequentemente.

http://consumatore.tgcom.it/wpmu/2010/05/27/forniture-elettriche-difesa-dagli-abusi/

Sentenza Cassazione: più equità dei poteri tra consumatori assicurati ed assicurazioni

Con la sentenza n. 12728 del 25 maggio 2010 la Cassazione Civile, interviene nella delicata materia dell’operatività della polizza assicurativa in presenza di danni procurati dal conducente non abilitato alla guida sostenendo il principio che la previsione di clausole di esclusione della garanzia assicurativa in tali condizioni non sono idonee ad escluderla.
Secondo gli ermellini, infatti, in caso di sinistro, il passeggero trasportato da chi guida senza essere in possesso di una patente che lo abiliti al trasporto di passeggeri ha diritto comunque al risarcimento dei danni subiti da parte dell'assicurazione anche in presenza di un’apposita clausola contrattuale di esclusione della garanzia assicurativa per i danni causati da conducente non abilitato alla guida.
La Suprema Corte, con la decisione in epigrafe, ha accolto il ricorso presentato del conducente di un motoveicolo coinvolto in un incidente nel 1985, quando il soggetto in questione era ancora minorenne e provvisto del solo foglio rosa.
Nonostante la sottoscrizione della predetta clausola da parte dell'assicurato e l'irregolarità dei requisiti per guidare, in primo grado l'assicurazione era stata condannata anche al pagamento dei danni subiti dal passeggero trasportato.
Tuttavia, la Corte d’Appello adita aveva ribaltato il giudizio di prime cure, poiché la compagnia era riuscita a dimostrare l'inoperatività della polizza in favore del conducente non abilitato alla guida che aveva trasportato sul mezzo un' altra persona e, pertanto, alla società era stato riconosciuto il diritto di rivalsa nei confronti del conducente della somma versata, in base a quanto disposto dalla sentenza di primo grado, al passeggero trasportato, per i danni subiti da quest'ultimo.
I giudici di piazza Cavour, investiti della causa dal conducente hanno deciso per l'accoglimento del ricorso, affermando il principio che, “in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea ad escludere l'operatività della polizza”.
Per mancanza di abilitazione alla guida, ha spiegato infatti il collegio di legittimità, deve intendersi l'assoluto difetto di patente, con la conseguenza che, ove esista un'abilitazione, l'inosservanza di prescrizioni o limitazioni eventualmente imposte dal legislatore non si traduce in una limitazione della validità o efficacia del titolo abilitativi, ma integra un'ipotesi di mera illiceità della guida.
Pertanto, il minorenne che guida una moto con regolare patente trasportando un passeggero, viola solo il codice della strada ma non perde la copertura assicurativa.
Il componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del consumatore” di Italia dei Valori Giovanni D’AGATA ritiene che la decisione oltrechè condivisibile sotto ogni profilo giuridico ha affermato un principio di equità che riequilibra i poteri tra consumatori – assicurati e assicurazioni.
http://www.informazione.it/c/03E237D8-3E08-4161-8749-8EC1AEC5BE36/Sentenza-Cassazione-piu-equita-dei-poteri-tra-consumatori-assicurati-ed-assicurazioni

PUBBLICITA' INGANNEVOLE. CTCU: "Dubitare dei messaggi sensazionali delle concessionarie di auto"

Le pubblicità ingannevoli di alcuni concessionari di auto sono finite nel mirino dell'Antitrust che lo scorso 25 febbraio ha sanzionato Ford Italia SpA (90.000 €), la FCE Banca Plc (70.000 €), la Motorstore Ag (5.000 €), la Authos SpA (35.000 €) e la Garage Alpe (55.000 €), quest'ultima operante a Bolzano, per pratica commerciale scorretta. Il Centro Tutela Consumatori di Bolzano ricorda ai consumatori che bisogna dubitare dei messaggi pubblicitari sensazionali.

Un esempio è il claim dell'operazione IDEAFORD "50% un'auto nuova al costo di un'auto usata" che il CTCU, dopo le segnalazioni giunte da vari consumatori, aveva sottoposto all'Antitrust come presunta pubblicità ingannevole, perché induceva i consumatori a concludere contratti di acquisto di autovetture della marca Ford, palesando condizioni contrattuali non corrispondenti al vero.

Attirati dallo slogan molti consumatori si sono recati presso i punti vendita Ford, convinti di poter acquistare una autovettura nuova per il 50% del suo valore, ovvero per il valore di un'autovettura usata. Salvo poi scoprire che dietro al fuorviante messaggio non si celava altro che un particolare piano di finanziamento per l'acquisto del mezzo. "E' vero che inizialmente si doveva pagare solo la metà del valore della vettura - spiega il CTCU - ma dopo 24 o 36 mesi dal momento dell'acquisto, il compratore doveva infatti decidere se pagare, in alternativa, il valore residuo pattuito (cd. Valore Futuro Garantito, eventualmente anche rimborsandolo a rate), oppure restituire il veicolo oppure acquistare un nuovo veicolo, sempre pagandone metà del prezzo".

L'Antitrust ha ritenuto il messaggio in questione ingannevole e la pratica messa in atto dai soggetti coinvolti una pratica commerciale scorretta ai sensi dell'art. 21 del Codice del consumo. "Resta solo da sperare - conclude il CTCU - che le sanzioni imposte non vengano scaricate in qualche modo sulle spalle dei consumatori, ma vengano riconosciute quale segnale per instaurare future politiche aziendali rispettose degli interessi dei consumatori".

fonte http://www.helpconsumatori.it/news.php?id=27604

Telefonia : il contratto di abbonamento si perfeziona con lo scambio dei consensi e non al momento dell’attivazione del servizio

I principi generali di cui agli art. 1325 cc e 1326 cc devono trovare applicazione nel contratto di attivazione di linea telefonica. Anche per esso vige il principio della libertà di forma e si perfeziona nel momento in cui il proponente giunge a conoscenza dell’accettazione del destinatario Con la sentenza n. 7997 del 1 aprile 2007, la Suprema Corte ha avuto modo di soffermarsi sull’annoso tema del perfezionamento del contratto di telefonia ritenendo che, nonostante l’art. 3 del D.M. 484 del 1988 abbia individuato, impropriamente, il momento del perfezionamento con quello della concreta attivazione della linea, questo deve ritenersi concluso con il semplice consenso anche se espresso solo verbalmente per telefono. Nonostante la norma su richiamata preveda che, il contratto si intende concluso con la sottoscrizione della proposta contrattuale o con l’attivazione dell’impianto, tale previsione normativa contrasta con il principio generale secondo cui, la forma degli atti è libera, se la legge o la volontà delle parti, non dispone diversamente art. 1325 cc , nonché con il più generale principio consensualistico che disciplina la materia contrattuale e che richiede il consenso legittimamente manifestato per la conclusione di un contratto . Principi non suscettibili di deroghe da parte di norme di rango inferiori.

fonte http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_8359.asp

Contratti del consumatore: no alle spese di spedizione in caso di recesso

E' quanto ha stabilito la Corte di Giustizia della Comunità Europea con sentenza depositata il 15 aprile 2010 nel procedimento n. C-551/08.

Secondo la CGE, appare in contrasto con la Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo 20 maggio 1997, 97/7/CE  la normativa nazionale che consente al venditore, nei contratti a distanza, di addebitare al consumatore la spese di spedizione, in caso  di recesso dal contratto

Viene pertanto posto un freno a quelle pratiche commerciali che- subordinando l'esercizio del diritto di recesso al pagamento delle spese di spedizione- di fatto limitano tale diritto, violando i principi di tutela del consumatore all'interno dell'UE.

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

15 aprile 2010

«Direttiva 97/7/CE – Tutela dei consumatori – Contratti conclusi a distanza – Diritto di recesso – Addebito al consumatore delle spese di consegna dei beni»

Nel procedimento C 511/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania), con decisione 1° ottobre 2008, pervenuta in cancelleria il 25 novembre 2008, nella causa

Handelsgesellschaft Heinrich Heine GmbH

contro

Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J. C. Bonichot, presidente di sezione, dalla sig.ra C. Toader (relatore), dai sigg. C.W.A. Timmermans, P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 ottobre 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV, dall’avv. K. Haase, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra S. Unzeitig, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;

–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

–        per il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes e dalla sig.ra H. Almeida, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Wils e H. Krämer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 gennaio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Handelsgesellschaft Heinrich Heine GmbH (in prosieguo: la «Handelsgesellschaft Heinrich Heine») e la Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen eV (in prosieguo: la «Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen») in merito all’addebito ai consumatori delle spese di consegna dei beni nei contratti conclusi a distanza.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        Il quarto ‘considerando’ della direttiva 97/7 enuncia quanto segue:

«considerando che l’introduzione di nuove tecnologie comporta una moltiplicazione dei mezzi messi a disposizione dei consumatori per conoscere le offerte fatte dovunque nella Comunità e per fare le loro ordinazioni; che taluni Stati membri hanno già adottato disposizioni differenti o divergenti per la protezione dei consumatori nelle vendite a distanza con effetti negativi sulla concorrenza tra le imprese nel mercato unico; che è quindi necessario introdurre un minimo di regole comuni a livello comunitario in questo settore».

4        Il quattordicesimo ‘considerando’ della citata direttiva è formulato come segue:

«considerando che il consumatore non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto; che si dovrebbe prevedere un diritto di recesso, a meno che la presente direttiva non disponga diversamente; che è necessario limitare ai costi diretti di spedizione dei beni al mittente gli oneri – qualora ve ne siano – derivanti al consumatore dall’esercizio del diritto di recesso, che altrimenti resterà formale; che questo diritto di recesso lascia impregiudicati i diritti del consumatore previsti dalla legislazione nazionale, con particolare riferimento alla ricezione di beni deteriorati o servizi alterati o di servizi e beni non corrispondenti alla descrizione contenuta nell’offerta di tali prodotti o servizi; che spetta agli Stati membri determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio del diritto di recesso».

5        L’art. 4 di tale direttiva, intitolato «Informazioni preliminari», dispone, al suo n. 1, quanto segue:

«In tempo utile prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve ricevere le seguenti informazioni:

(…)

c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o imposte;

d) eventuali spese di consegna;

(…)».

6        I nn. 1 e 2 dell’art. 6 della medesima direttiva, che reca il titolo «Diritto di recesso», sanciscono quanto segue:

«1. Per qualunque contratto negoziato a distanza il consumatore ha diritto di recedere entro un termine di almeno sette giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente.

(…)

2. Se il diritto di recesso è stato esercitato dal consumatore conformemente al presente articolo, il fornitore è tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore, che dovrà avvenire gratuitamente. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente. Tale rimborso deve avvenire nel minor tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni».

7        L’art. 14 della citata direttiva, intitolato «Clausola minima», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe compatibili con il Trattato [CE], per garantire al consumatore un livello di protezione più elevato. Dette disposizioni comprendono, se del caso, il divieto, per ragioni d’interesse generale, della commercializzazione nel loro territorio di taluni beni o servizi, in particolare i medicinali, mediante contratti a distanza, nel rispetto del Trattato».

 La normativa nazionale

8        L’art. 2 della legge sulle azioni inibitorie in caso di violazione dei diritti dei consumatori o di altre infrazioni (Gesetz über Unterlassungsklagen bei Verbraucherrechts- und anderen Verstößen) sancisce quanto segue:

«1. Chiunque violi disposizioni volte a tutelare i consumatori (legge sulla tutela dei consumatori), con modalità diverse dall’applicazione o dalla raccomandazione di condizioni generali di vendita, può essere soggetto ad un’azione inibitoria nell’interesse della tutela dei consumatori. Se le infrazioni commesse in un’impresa commerciale sono causate da un dipendente o da una persona delegata, l’azione inibitoria può essere diretta anche contro il proprietario dell’impresa.

2.      Ai sensi della presente disposizione, per “legge sulla tutela dei consumatori”, si intendono in particolare:

1)      le disposizioni del codice civile [Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il “BGB”], le quali si applicano ai (…) contratti conclusi a distanza tra un professionista e un consumatore (…).

(...)».

9        L’art. 312 d del BGB, sotto la rubrica «Diritto di recesso e di restituzione nei contratti a distanza», al n. 1 così recita:

«Nei contratti a distanza spetta al consumatore un diritto di recesso ai sensi dell’art. 355. In caso di contratti di fornitura di merci, in luogo del diritto di recesso può essere riconosciuto al consumatore il diritto di restituzione ai sensi dell’art. 356».

10      Ai sensi dell’art. 346 del BGB, intitolato «Effetti del recesso»:

«1.Qualora una delle parti si sia riservata contrattualmente un diritto di recesso, o tale diritto le spetti in forza di una norma di legge, l’esercizio del recesso implica la riconsegna delle prestazioni ricevute e la restituzione degli utili ottenuti.

2. In luogo della riconsegna o della restituzione, il debitore è tenuto a corrispondere un rimborso di valore equivalente:

1)      qualora la riconsegna o la restituzione sia esclusa in base alla natura di quanto ottenuto;

2)      qualora egli abbia consumato, alienato, gravato, lavorato o trasformato il bene ricevuto,

3)      in caso di deterioramento o perimento del bene; resta però escluso il deterioramento derivante dall’uso normale del bene.

Nel caso in cui il contratto preveda una controprestazione, essa dev’essere posta alla base del calcolo del rimborso del valore; se deve essere corrisposto il rimborso del valore per i vantaggi derivanti dall’utilizzazione di un mutuo, è ammessa la prova diretta a dimostrare che il valore di tali vantaggi era inferiore.

3. L’obbligo di rimborso del valore si estingue:

1)      se il vizio legittimante il recesso si è manifestato solo durante la lavorazione o la trasformazione del bene,

2)      se ed in quanto il deterioramento o il perimento sia imputabile al creditore, o se il danno sarebbe ugualmente sopravvenuto presso quest’ultimo,

3)      qualora, in caso di diritto legale di recesso, il deterioramento o il perimento si sia verificato presso l’avente diritto sebbene questi abbia agito con la diligenza che è solito prestare nei propri affari.

L’arricchimento residuo dev’essere reso».

11      L’art. 347 del BGB, intitolato «Utilizzo dopo il recesso», al n. 2 così dispone:

«Qualora il debitore restituisca il bene, qualora versi un rimborso o qualora l’obbligo di versare un siffatto rimborso sia escluso ai sensi dell’art. 346, n. 3, punti 1 e 2, le spese necessarie da esso sostenute debbono essergli rimborsate. Ogni altra spesa deve essere rimborsata qualora abbia contribuito ad un arricchimento del creditore».

12      L’art. 355 del BGB, sotto la rubrica «Diritto di recesso nei contratti dei consumatori», al n. 1 dispone quanto segue:

«Nel caso in cui la legge attribuisca al consumatore un diritto di recesso ai sensi della presente disposizione, quest’ultimo non è più vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto qualora abbia esercitato il proprio diritto di recesso entro il termine. Il recesso non necessita una motivazione e deve essere dichiarato nei confronti dell’imprenditore per iscritto o mediante spedizione del bene al mittente entro due settimane; ai fini del rispetto del termine si tiene conto del giorno dell’invio».

13      L’art. 356 del BGB, intitolato «Diritto di restituzione nei contratti conclusi dai consumatori», al n. 1 prevede quanto segue:

«Nella misura in cui la legge espressamente lo autorizza, il diritto di recesso previsto dall’art. 355 può essere sostituito nel contratto con un diritto di restituzione illimitato qualora il contratto sia concluso sulla base di un prospetto di vendita. A tal fine è preliminarmente necessario:

1)      che il prospetto di vendita contenga informazioni chiare sul diritto di restituzione,

2)      che il consumatore abbia potuto prendere conoscenza esauriente del prospetto di vendita in assenza dell’operatore addetto e

3)      che il diritto di restituzione venga concesso per iscritto al consumatore».

14      L’art. 357 del BGB, sotto la rubrica «Effetti giuridici del recesso e della restituzione», è formulato come segue:

«1. Se non diversamente stabilito, ai diritti di recesso e di restituzione si applicano le norme sul diritto legale di recesso in quanto compatibili. L’art. 286, n. 3, si applica in quanto compatibile all’obbligo di rimborso dei pagamenti ivi previsti; il termine ivi stabilito decorre dalla dichiarazione di recesso o di restituzione del consumatore, e segnatamente, per quanto riguarda l’obbligo di rimborso del consumatore, dall’invio di tale dichiarazione, mentre per quanto riguarda l’obbligo di rimborso dell’imprenditore, dalla sua ricezione.

(…)

3. In deroga all’art. 346, n. 2, primo periodo, punto 3, il consumatore è tenuto a corrispondere un rimborso per il deterioramento della cosa derivante da un uso della stessa conforme alla sua destinazione, purché sia stato informato per iscritto, al più tardi al momento della conclusione del contratto, di tale conseguenza e della possibilità di evitarla. Il rimborso non è dovuto se il deterioramento è esclusivamente riconducibile all’esame del bene. L’art. 346, n. 3, primo periodo, punto 3, non si applica qualora il consumatore sia stato correttamente informato del suo diritto di recesso o ne abbia avuto altrimenti conoscenza.

4. Non sono riconosciuti ulteriori diritti».

15      L’art. 448 del BGB, intitolato «Costi di consegna e costi simili», al n. 1 sancisce quanto segue:

«Il venditore sopporta i costi di consegna della cosa, l’acquirente i costi della ricezione e della spedizione della cosa in un luogo diverso dal luogo di esecuzione».

 Causa principale e questione pregiudiziale

16      La Handelsgesellschaft Heinrich Heine è una società specializzata nella vendita per corrispondenza. Le condizioni generali di vendita di tale società prevedono che il consumatore paghi, a titolo di spese di consegna, un forfait di EUR 4,95 e che tale somma resti acquisita al fornitore in caso di recesso.

17      La Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen, un’associazione di consumatori costituita conformemente al diritto tedesco, ha intrapreso nei confronti della Handelsgesellschaft Heinrich Heine un’azione inibitoria intesa a farle rinunciare ad addebitare ai consumatori, in caso di recesso, le spese di consegna delle merci.

18      Il giudice di primo grado ha accolto la domanda della Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen.

19      L’appello proposto avverso tale sentenza dalla Handelsgesellschaft Heinrich Heine è stato respinto dall’Oberlandsgericht Karlsruhe.

20      Adito dalla Handelsgesellschaft Heinrich Heine con un ricorso per «Revision», il Bundesgerichtshof constata che il diritto tedesco non conferisce esplicitamente al consumatore alcun diritto al rimborso delle spese di consegna dei beni ordinati.

21      Tuttavia, secondo tale giudice, se la direttiva 97/7 dovesse essere interpretata nel senso che essa osta a che le spese di consegna dei beni vengano addebitate al consumatore in caso di recesso di quest’ultimo, le pertinenti disposizioni del BGB dovrebbero essere interpretate in modo conforme a tale direttiva, nel senso che il fornitore dovrebbe allora rimborsare al consumatore siffatte spese.

22      Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, di non essere in grado di stabilire con la dovuta certezza se tale direttiva, e in particolare il suo art. 6, nn. 1 e 2, debba essere interpretata in tal senso.

23      Il Bundesgerichtshof espone, a tale proposito, diversi argomenti a sostegno della soluzione secondo la quale la citata direttiva non osta ad una normativa come quella oggetto della causa principale.

24      In primo luogo, dunque, l’espressione «dovute all’esercizio del suo diritto di recesso» («infolge der Ausübung seines Widerrufsrechts») contenuta nella versione tedesca dell’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, della direttiva 97/7 potrebbe suggerire che tali disposizioni riguardano unicamente le spese risultanti dall’esercizio del diritto di recesso con esclusione delle spese di consegna dei beni, che erano già state sostenute al momento del recesso. Le altre versioni linguistiche di tale direttiva, ed in particolare la versione inglese e quella francese, potrebbero suffragare una siffatta interpretazione.

25      In secondo luogo, l’art. 6, n. 2, prima frase, della citata direttiva non escluderebbe che, in caso di recesso, il fornitore ottenga una compensazione del valore delle prestazioni utilizzate dal consumatore che, per loro natura, non possono essere restituite. Sarebbe pertanto compatibile con il detto articolo ammettere che la consegna del bene è una prestazione per la quale il consumatore dovrebbe restituire al fornitore un valore di sostituzione pari alle spese di consegna e che l’obbligo di rimborso del fornitore sarebbe di conseguenza ridotto per l’ammontare di tali spese.

26      In terzo luogo, non sarebbe certo che l’obiettivo di tutela del consumatore, sancito segnatamente nel quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 97/7, imponga il rimborso delle spese di consegna del bene. Infatti, in occasione di un acquisto normale, il consumatore sosterrebbe anche le spese che il suo spostamento verso il negozio comporta, senza contare il tempo necessario allo spostamento.

27      Pertanto, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni dell’art. 6, nn. 1, [primo comma], seconda frase, e 2, della direttiva [97/7] debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale secondo la quale le spese di consegna dei beni possono essere addebitate al consumatore anche quando questi ha esercitato il suo diritto di recesso».

 Sulla questione pregiudiziale

 Osservazioni presentate alla Corte

28      La Verbraucherzentrale Nordrhein-Westfalen, i governi spagnolo, austriaco e portoghese, nonché la Commissione delle Comunità europee considerano che le disposizioni dell’art. 6 della direttiva 97/7 ostano ad una normativa nazionale che consente al fornitore di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.

29      Anzitutto, l’espressione «somme versate dal consumatore», indicata nell’art. 6, n. 2, prima frase, della direttiva 97/7, dovrebbe essere interpretata estensivamente per ricomprendere ogni prestazione finanziaria adempiuta dal consumatore nei confronti del fornitore nell’ambito dell’esecuzione del contratto, ivi comprese le spese di consegna dei beni.

30      Inoltre, l’art. 6, nn. 1 e 2, della citata direttiva prevederebbe che le uniche spese a carico del consumatore che esercita il suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente. Di conseguenza, le altre spese, in particolare quelle relative alla consegna dei beni, non potrebbero essere poste a carico di quest’ultimo.

31      Infine, dovrebbero essere rimborsate al consumatore le spese che egli ha sostenuto per una prestazione accessoria del fornitore, quale la consegna dei beni, la quale non riveste alcun interesse, a seguito del recesso del consumatore, ai fini della tutela di quest’ultimo dai rischi dovuti all’impossibilità pratica di visionare i beni prima di concludere un contratto di vendita a distanza.

32      Il governo tedesco sostiene, al contrario, che le disposizioni dell’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva 97/7 devono essere interpretate nel senso che esse non ostano ad una siffatta normativa nazionale, secondo la quale le spese di consegna dei beni possono essere addebitate al consumatore qualora questi abbia esercitato il suo diritto di recesso.

33      Detto governo afferma, in sostanza, che la direttiva 97/7 non disciplina l’addebito delle spese di consegna in caso di recesso del consumatore. Pertanto, tale addebito risulterebbe dalle «altre condizioni e modalità relative all’esercizio del diritto di recesso», che spetta agli Stati membri determinare, come previsto al quattordicesimo ‘considerando’ della citata direttiva.

34      Questo stesso governo ritiene che il rimborso delle «somme versate» dal consumatore ai sensi dell’art. 6, n. 2, prima frase, della citata direttiva riguardi unicamente le prestazioni principali e, in particolare, il prezzo pagato dal consumatore.

35      La direttiva 97/7 opererebbe una distinzione tra le spese «dovute all’esercizio» del diritto di recesso, le quali conseguono all’attuazione di tale diritto, e le altre spese derivanti dalla conclusione o dall’esecuzione del contratto. A tale proposito, l’art. 6, n. 2, seconda frase, di tale direttiva riguarderebbe unicamente le spese conseguenti all’esercizio del diritto di recesso, mentre il regime applicabile alle altre spese contrattuali non sarebbe armonizzato dalla citata direttiva. Orbene, le spese di consegna avrebbero origine antecedentemente e indipendentemente dall’esercizio del diritto di recesso. Pertanto, il loro addebito sarebbe disciplinato dal diritto interno di ogni Stato membro.

36      Relativamente agli obiettivi perseguiti dall’art. 6 della direttiva 97/7, il governo tedesco fa valere che tale articolo è volto, certamente, a compensare lo svantaggio derivante dall’impossibilità per il consumatore di esaminare i beni prima della conclusione del contratto. Tuttavia, tali obiettivi non contengono alcuna indicazione atta a consentire una riconfigurazione completa della relazione contrattuale.

37      Peraltro, il fatto che il consumatore sopporti le spese di consegna non può impedirgli di esercitare il suo diritto di recesso. Infatti, da un lato, egli sarebbe informato prima della conclusione del contratto dell’ammontare di tali spese. D’altro canto, la decisione di recedere dal contratto sarebbe indipendente dall’esistenza di tali spese poiché queste ultime sarebbero già state sostenute.

 Risposta della Corte

 Osservazioni preliminari

38      Occorre rammentare, in via preliminare, che emerge dal quarto ‘considerando’ della direttiva 97/7 che quest’ultima è volta a introdurre un minimo di regole comuni a livello dell’Unione europea nel settore dei contratti a distanza.

39      In particolare, l’art. 6, n. 1, primo comma, prima frase, della citata direttiva riconosce al consumatore un diritto di recesso che egli può esercitare, entro un termine determinato, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo.

40      Relativamente alle conseguenze giuridiche del recesso, l’art. 6, n. 2, prima e seconda frase, della direttiva 97/7 prevede che «il fornitore è tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore, che dovrà avvenire gratuitamente. Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente».

41      Tuttavia, emerge dal quattordicesimo ‘considerando’ di tale direttiva che l’armonizzazione delle conseguenze giuridiche del recesso non è completa e che spetta pertanto agli Stati membri «determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio del diritto di recesso».

 Sull’interpretazione dell’espressione «somme versate dal consumatore»

42      Nella causa principale, si pone la questione se nella portata dell’art. 6, nn. 1 e 2, della direttiva 97/7 rientri l’addebito al consumatore delle spese di consegna dei beni in caso di recesso di quest’ultimo, ovvero se, al contrario, spetti agli Stati membri determinare tale addebito.

43      A tale proposito, occorre constatare che la lettera dell’art. 6, n. 2, prima frase, della citata direttiva impone al fornitore, in caso di recesso del consumatore, un obbligo generale di rimborso riguardante tutte le somme versate da quest’ultimo risultanti dal contratto, qualunque sia la causa del pagamento di queste ultime.

44      Contrariamente a quanto rilevato dal governo tedesco, non emerge né dalla lettera delle disposizioni dell’art. 6 della direttiva 97/7 né dalla loro economia generale che i termini «somme versate» debbano essere interpretati nel senso che essi fanno unicamente riferimento al prezzo pagato dal consumatore, escluse le spese sopportate da quest’ultimo.

45      Infatti, la direttiva 97/7, conformemente al suo art. 4, opera una distinzione tra prezzo del bene e spese di consegna unicamente per quanto riguarda le informazioni messe a disposizione del consumatore dal fornitore prima della conclusione del contratto. Per contro, in merito alle conseguenze giuridiche del recesso, tale direttiva non opera una siffatta distinzione e si riferisce dunque a tutte le somme versate dal consumatore al fornitore.

46      Tale interpretazione è anche confermata dalla formulazione stessa dell’espressione «[l]e uniche spese eventualmente a carico del consumatore», utilizzata nella seconda frase del citato n. 2, per indicare le «spese dirette di spedizione dei beni al mittente». Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, l’espressione «uniche spese» rende necessaria un’interpretazione restrittiva e conferisce pertanto un carattere esaustivo a tale eccezione.

47      Di conseguenza, emerge da quanto suesposto che i termini «somme versate», di cui all’art. 6, n. 2, prima frase, della direttiva 97/7 si estendono a tutte le somme versate dal consumatore per pagare le spese causate dal contratto, fatta salva l’interpretazione da fornire all’art. 6, n. 2, seconda frase, di tale direttiva.

 Sull’interpretazione dell’espressione «dovute all’esercizio del suo diritto di recesso»

48      Come rammentato al punto 35 della presente sentenza, il governo tedesco sostiene anche che i termini «dovute all’esercizio del suo diritto di recesso», di cui all’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, della direttiva 97/7, non riguardano tutte le spese a carico del consumatore, bensì unicamente quelle che presentano un nesso con l’esercizio del diritto di recesso. Pertanto, le citate disposizioni disciplinerebbero solo l’addebito delle spese causate dal recesso.

49      In via preliminare, occorre constatare che, in talune versioni linguistiche, la lettera dell’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, della citata direttiva può essere interpretata nel senso che essa ha ad oggetto le sole spese conseguenti all’esercizio del diritto di recesso e causate da quest’ultimo, ovvero nel senso che essa fa riferimento a tutte le spese risultanti dalla conclusione, l’esecuzione o la cessazione del contratto, e che possono essere addebitate al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.

50      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, anche se le versioni tedesca, inglese e francese della direttiva 97/7 impiegano rispettivamente le espressioni «infolge», «because of» e «en raison de», nelle altre versioni linguistiche di tale medesima direttiva, in particolare quella spagnola e quella italiana, non si impiegano espressioni simili, ma si fa riferimento semplicemente al consumatore che esercita il suo diritto di recesso.

51      Secondo una giurisprudenza costante, la necessità che le direttive dell’Unione vengano interpretate in modo uniforme esclude che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione sia considerato isolatamente, e impone, invece, che esso venga interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali (v., in tal senso, sentenze 2 aprile 1998, causa C 296/95, EMU Tabac e a., Racc. pag. I 1605, punto 36; 17 giugno 1998, causa C 321/96, Mecklenburg, Racc. pag. I 3809, punto 29; 20 novembre 2008, causa C 375/07, Heuschen & Schrouff Oriëntal Foods Trading, Racc. pag. I 8691, punto 46, nonché 10 settembre 2009, causa C 199/08, Eschig, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 54). Inoltre, in caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte (v. sentenze 9 marzo 2000, causa C 437/97, EKW e Wein & Co., Racc. pag. I 1157, punto 42; 4 ottobre 2007, causa C 457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie, Racc. pag. I 8075, punto 18, nonché 9 ottobre 2008, causa C 239/07, Sabatauskas e a., Racc. pag. I 7523, punto 39).

52      Occorre rilevare che l’interpretazione dell’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, della direttiva 97/7, ai sensi della quale tali disposizioni hanno ad oggetto tutte le spese risultanti dalla conclusione, dall’esecuzione nonché dalla cessazione del contratto, che possono essere addebitate al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso, corrisponde al sistema e alla finalità di tale direttiva.

53      Infatti, da un lato, tale interpretazione è corroborata dal fatto che, anche nelle versioni linguistiche della direttiva 97/7 le quali utilizzano, nell’art. 6 di quest’ultima, l’espressione «en raison de» o altre espressioni simili, il quattordicesimo ‘considerando’ di tale direttiva fa riferimento agli oneri derivanti al consumatore «dall’esercizio del diritto di recesso». Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal governo tedesco l’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, di tale direttiva ha ad oggetto tutte le spese risultanti dal contratto e non solo le spese conseguenti all’esercizio del diritto di recesso e causate da quest’ultimo.

54      Relativamente, dall’altro lato, allo scopo dell’art. 6 della direttiva 97/7, si deve sottolineare che il quattordicesimo ‘considerando’ della stessa enuncia che il divieto di addebitare al consumatore, in caso di suo recesso, spese risultanti dal contratto è finalizzato ad assicurare che il diritto di recesso garantito da tale direttiva «[non] rest[i] formale» (v., a tale proposito, sentenza 3 settembre 2009, causa C 489/07, Messner, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 19). Dal momento che il citato art. 6 persegue quindi chiaramente lo scopo di evitare che il consumatore possa essere scoraggiato dall’esercitare il suo diritto di recesso, sarebbe contrario a detto scopo interpretare tale articolo nel senso che esso autorizzerebbe gli Stati membri a consentire che le spese di consegna siano addebitate al consumatore nel caso di un siffatto recesso.

55      A tale proposito, occorre rammentare che l’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, seconda frase, della citata direttiva autorizza il fornitore ad addebitare al consumatore, in caso di recesso di quest’ultimo, unicamente le spese dirette di spedizione dei beni al mittente.

56      Qualora le spese di spedizione dovessero parimenti essere addebitate al consumatore, siffatto addebito, che sarebbe necessariamente tale da scoraggiare quest’ultimo dall’esercizio del suo diritto di recesso, sarebbe in contrasto con lo scopo stesso dell’art. 6 della direttiva, come rammentato al punto 54 della presente sentenza.

57      Inoltre, un siffatto addebito sarebbe atto a rimettere in discussione l’equilibrata ripartizione dei rischi tra le parti nei contratti conclusi a distanza, accollando al consumatore tutte le spese connesse al trasporto dei beni.

58      Peraltro, il fatto che il consumatore sia stato informato dell’importo delle spese di consegna prima della conclusione del contratto non può ridurre il carattere dissuasivo che avrebbe l’addebito di tali spese al consumatore sull’esercizio da parte di quest’ultimo del suo diritto di recesso.

59      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre risolvere la questione sottoposta dichiarando che l’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva 97/7 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.

 Sulle spese

60      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’art. 6, nn. 1, primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al consumatore qualora questi eserciti il suo diritto di recesso.

fonte http://www.laprevidenza.it/news/leggi-e-normative/contratti-del-consumatore-no-alle-spese-di-spedizione-in-caso-di-recesso/4549

Cassazione Civile: onere probatorio per la deroga del foro nei contratti con consumatori

La Cassazione ha elaborato i seguenti principi di diritto in materia di contratti stipulati con consumatori:

1) Ai sensi dell'art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, nelle controversie tra consumatore e professionista la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.

2) La disciplina di tutela del consumatore posta agli artt. 33 se. d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. Codice del Consumo) prescinde dal tipo contrattuale dalle parti poste in essere e dalla natura della prestazione oggetto del contratto, trovando applicazione sia in caso di predisposizione di moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti che di contratto singolarmente predisposto per uno specifico affare.

3) Se il consumatore, convenuto avanti a foro diverso da quello suo proprio, eccepisce l'incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto, al medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente contratto cui, pur essendo stato come nella specie individualmente negoziato, si applica la disciplina di tutela del consumatore, ai sensi degli artt. 33 ss. d.lgs. n. 206 del 2005.

4) Ai sensi dell'interpretazione sistematica e funzionale degli artt. 33 ss., e in particolare dei commi 4 e 5 dell'art. 34 d.lgs. n. 206 del 2005, incombe al professionista dare la prova che la clausola contrattuale di proroga della competenza, con deroga al foro del consumatore di cui all'art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, è stata oggetto di specifica trattativa, caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività; ovvero di dare prova idonea a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola medesima, dimostrando che, valutata singolarmente e in connessione con le altre di cui si compendia il contenuto del contratto, nello specifico caso concreto essa non determina un «significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto», in cui ai sensi dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005 (esclusivamente) si sostanzia la vessatorietà della clausola o del contratto.

5) In difetto di prova della trattativa, nonché in difetto di prova idonea a vincere la presunzione di relativa vessatorietà, la clausola di deroga del foro del consumatore è nulla, anche laddove il foro indicato come competente risulti coincidente con uno dei fori legali di cui agli articoli 18, 19 e 20 c.c.

6) L'onerosità ex art. 1341, 2 co., c.c. attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, e la disciplina posta dall'art. 1341 ss. c.c. è altra e diversa da quella posta dal Codice del consumo, con la quale (solamente) in tale ipotesi concorre, laddove la vessatorietà ex artt. 33 ss. d.lgs. n. 206 del 2005 può invece attenere anche al rapporto contrattuale che come nella specie sia stato singolarmente ed individualmente negoziato per lo specifico affare.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Ordinanza 20 marzo 2010, n.6802: Contratti con il consumatore - Deroga della competenza territoriale - Onere probatorio imputabile al professionista).

fonte http://www.filodiritto.com/index.php?azione=archivionews&idnotizia=2442

Diritti dei consumatori in relazione alla garanzia di buon funzionamento degli elettrodomestici.

Garanzia sugli elettrodomestici
Questa la disposizione contenuta nel primo comma dell'art. 129 del Codice del consumo (d.lgs n. 206/2005).
La norma, come si evince chiaramente dal precedente art. 128, e' applicabile anche al caso dell'acquisto di elettrodomestici fatti da un consumatore, ossia dalla persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (art. 3 lett. a) codice del consumo).
In sostanza il privato cittadino che compra i beni per la sua abitazione.
Che cosa accade se l’oggetto acquistato è difettoso?
Si pensi, solo per fare un esempio, ad un frigorifero che non funziona perfettamente, ad una lavatrice che non centrifuga, ad un televisore che si spegne in continuazione o, vista la loro notevole diffusione, ad un modello così detto HD che non rispecchia gli standard qualitativi promessi.
Che può fare il consumatore costretto a constatare questi difetti di funzionamento?
Il d.lgs n. 206/05 riconosce al compratore una garanzia legale di due anni per i beni acquistati che dovessero risultare difettosi (art. 132 codice del consumo).
Il responsabile della conformità del bene, rispetto all’uso che si deve fare, è il venditore (art. 130 codice del consumo).
GaranziaIn che cosa consiste l’esercizio del diritto di garanzia e che cosa può fare il consumatore per esercitarlo?
In prima istanza è necessario rivolgersi direttamente al negoziante che ha venduto l’oggetto difettoso e manifestargli tale difettosità.
A questo punto il codice del consumo riconosce al consumatore due alternative (art. 130, terzo comma, codice del consumo):
a)chiedere la riparazione del bene;
b)domandare la sostituzione dell’oggetto.
La scelta, almeno al momento iniziale, è rimessa esclusivamente alla discrezione del compratore; tuttavia il venditore non è obbligato a concedere quanto richiesto, potendo optare per la soluzione scartata, allorquando il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all'altro (art. 130, terzo comma, codice del consumo).
Il successivo quarto comma spiega che è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all'altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell'entità del difetto di conformità;
c) dell'eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore (art. 130, quarto comma, codice del consumo).
Un esempio renderà più il contenuto della norma.
Si pensi al caso in cui una persona lamenta dei difetti al televisore appena acquistato e ne chieda la riparazione.
Il commerciante, laddove la stessa sia troppo costosa rispetto alla sostituzione, potrà proporre quest’ultima.
Ad ogni modo, il codice del consumo, consente all’esercente di proporre una serie di altri rimedi a sua scelta.
GaranziaIn sostanza si riconosce al venditore la facoltà di trovare una soluzione alternativa rispetto a quelle richiedibili dal consumatore, fatto salvo il diritto di quest’ultimo di non aderire e richiedere quanto previsto dalla legge.
Se il problema non trova soluzione bonariamente, l’acquirente ha diritto ad agire in giudizio per ottenere gli stessi effetti oppure potrà agire per richiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto o ad una congrua riduzione del prezzo.
In questi casi il codice del consumo agevola la posizione processuale del compratore in quanto, se il difetto di funzionamento si è manifestato entro i sei mesi dalla consegna del bene esso si presume esistente fin da quella data (art. 132, terzo comma, codice del consumo).
Ciò vuol dire che l’acquirente, salvo il caso di difetti che siano evidentemente riconducibili ad un uso sbagliato o a sua colpa, dovrà semplicemente dimostrare l’anomalia lamentata, spettando al venditore l’onere di provare che essa derivi da un utilizzazione errata e che non sia, invece, intrinseca al bene venduto.
fonte http://www.lavorincasa.it/architetto/news.php?news_id=1543

A Napoli abiti da sposa cinesi cangerogeni» Allarme dell'Assoconsumatori italiani

«Dalla Cina abiti da sposa cancerogeni»: è l'allarme lanciato dall'Associazione consumatori italiani internet, presieduta dall'avvocato Marco Andreoli, docente di Tutela del consumo e Class action presso l'Università degli Studi di Napoli Parthenope.

Secondo i dati in possesso dell'associazione, il 36% del mercato napoletano sarebbe «inquinato» da abiti da sposa provenienti dall'Estremo Oriente, venduti a un costo elevato e «contenenti sostanze tossiche e cancerogene, che causano gravi problemi di salute ai consumatori». L'importazione di tali vestiti è, inoltre, in forte crescita. Basti pensare che nel 2006 il 22,4% di abbigliamento utilizzato in Italia proveniva dalla Cina (pari a un +22% rispetto al 2005), mentre i prodotti tessili cinesi coprivano il 19% del mercato (+31% rispetto al 2005).

«Gli abiti da sposa cinesi arrivano in Italia ad un costo bassissimo, che oscilla tra i 50 e i 100 dollari - afferma l'avvocato Andreoli- e vengono, poi, rivenduti in Italia anche a 4.000-4.500 euro. Il dato allarmante e inquietante è che nei vestiti, prodotti dall'industria cinese, è stata accertata una forte presenza di formaldeide (o formalina), sostanza altamente cancerogena. Secondo una indagine neozelandese, risalente a qualche anno fa, la presenza di formaldeide negli abiti made in China sarebbe 900 volte superiore a quanto consentito dall'Organizzazione mondiale della Sanità. Inoltre, sono state riscontrate tracce di altre sostanze nocive, come il pericolosissimo Ddt (diclorodifeniltricloroetano)».

L'Ascii, attiva sin dal 1996 e con sede principale a Napoli, suggerisce ai consumatori di farsi rilasciare dal commerciante, al momento dell'acquisto o della richiesta del preventivo, un'attestazione sulla qualità e la lavorazione del prodotto, nonché sull'origine del tessuto e sull'assenza di sostanze cancerogene, tossiche e nocive.

fonte http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=97528&sez=NAPOLI

Un numero verde contro le telefonate indesiderate

Il ministero dello Sviluppo economico istituisce il Registro delle Opposizioni, una sorta di registro del "non disturbare". Si tratta di un elenco che raccoglierà i numeri di tutti i cittadini che non intendono ricevere a casa, o sul proprio cellulare, telefonate indesiderate. Lotta aperta quindi alle chiamate provenienti dai call-center e che propongono sondaggi, abbonamenti a pay-tv, a internet e tanto altro ancora.

Bisognerà iscriversi al Registro tramite l'invio di una e-mail, di una raccomandata, di un fax oppure una telefonata a un numero verde. Si dovrà comunicare nome, cognome, codice fiscale, l'eventuale indirizzo e-mail e il numero (o più numeri) di telefono che si vuole preservare dalle chiamate promozionali.

fonte http://www.portaleconsumatore.it/consumatore/news_dettaglio.php?t=guidepratiche&id=2508

Foro del consumatore: al professionista spetta di dimostrare la validità della deroga

Nelle controversie tra consumatore e professionista (cioè la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale) la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.

La disciplina di tutela del consumatore prescinde dal tipo di contratto stipulato e dalla natura della prestazione oggetto del contratto trovando applicazione sia in caso di predisposizione di moduli o formulari, sia di contratto specificamente predisposto.

Quando il consumatore viene convenuto dinanzi ad un foro diverso da quello della sua residenza (o domicilio) può eccepire l’incompetenza territoriale e limitarsi ad allegare che trattasi di controversia inerente ad un contratto cui si applica la disciplina di tutela del consumatore.

Ai sensi dell’interpretazione sistematica e funzionale degli artt. 33 ss., e in particolare dei commi 4 e 5 dell’art.34 D.Lgs. n.206/05, incombe al professionista dare la prova che la clausola contrattuale di deroga della competenza di cui al foro del consumatore, è stata oggetto di specifica trattativa, caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività; ovvero di dare la prova idonea a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola medesima, dimostrando che, valutata singolarmente e in connessione con le altre di cui si compendia il contenuto del contratto, nello specifico caso non determina un “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, in cui ai sensi dell’art.33, comma 1, D.Lgs. n.206/05 (esclusivamente) si sostanzia la vessatorietà della clausola o del contratto.

In difetto di prova della trattativa o di prova idonea a vincere la presunzione di relativa vessatorietà, la clausola di deroga del foro del consumatore è nulla, anche laddove il foro indicato come competente risulti coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18, 19 e 20 c.c.

(Cass. n.6802/10)

fonte http://www.studiodiruggiero.it/foro-consumatore-professionista-deve-dimostrare-validita-deroga/