CASSAZIONE : ANCHE CONTRAFFAZIONE GROSSOLANA INGANNA

Niente scuse per chi vende borse e altri oggetti contraffatti. Anche se l'imitazione di marchi conosciuti è grossolana, questa può comunque ingannare il consumatore. Lo ribadisce la Cassazione nella sentenza numero 29016.
Il caso riguarda due venditori ambulanti napoletani condannati dalla Corte d'Appello a un anno di carcere perchè colpevoli di 'ricettazione di oggetti provento del reato di contraffazione di marchi'. I due hanno fatto ricorso alla Suprema Corte sostenendo che non ci poteva essere reato per l'evidente grossolanità con la quale erano stati modellati gli oggetti venduti, tale da non poter certo ingannare i clienti. Il ricorso è stato respinto dalla seconda sezione penale della Cassazione. 'Il reato di introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi - scrivono i supremi giudici - è volto a tutelare non la libera determinazione dell'acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei consumatori nei marchi, quali segni distintivi della particolare qualità e originalità dei prodotti messi in circolazione'. Pertanto secondo i giudici 'non può parlarsi di reato impossibile per il solo fatto che la grossolanità della contraffazione sia riconoscibile dall'acquirente in ragione delle modalità della vendita (prezzo eccessivamente basso rispetto a quello dei prodotti originali, vendita effettuata in mercatini rionali o ambulanti) in quanto l'attitudine della falsificazione ad ingenerare confusione deve essere valutata non come riferimento al momento dell'acquisto ma in relazione alla visione degli oggetti nella loro successiva utilizzazione'. Quindi, non si puo' parlare di mancanza di reato in caso di grossolanita' della contraffazione 'dal momento che occorre aver riguardo alla potenzialita' lesiva del marchio connaturata all'azione di diffusione in riferimento a un numero indeterminato di destinatari'.

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