L'arma della «231» per la tutela dell'ambiente

La legge comunitaria 2009 apporta rilevanti novità al diritto ambientale: delega il governo per il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente ed estende agli illeciti ambientali la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti (decreto legislativo n. 231/01).
Lo schema è noto. È disposta la responsabilità amministrativa di società ed associazioni con o senza personalità giuridica, per alcune tipologie di reati commessi, nell'interesse o a vantaggio degli stessi, da dipendenti o amministratori. Le sanzioni sono ingenti, consistendo in misure pecuniarie, di confisca e interdittive. La responsabilità può essere evitata attraverso la predisposizione di specifici modelli organizzativi aziendali. Dopo l'attuazione della delega, che dovrebbe avvenire entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge comunitaria (in attesa di pubblicazione), tra questi illeciti rientreranno appunto quelli ambientali.
La delega è ambiziosa. Per un verso, prevede l'attuazione della direttiva europea sulla tutela penale dell'ambiente; per l'altro, ne dispone il coordinamento con il decreto 231. Come avverrà tale coordinamento, però, non è chiaro. La direttiva sulla tutela penale dell'ambiente dispone che venga estesa alle persone giuridiche la responsabilità per gli illeciti ambientali anche in caso di "grave negligenza" (considerando 7 e articolo 3), così accomunando tali reati a quelli sulla tutela della sicurezza dei lavoratori (già inseriti nel decreto 231 all'articolo 25-septies). Altrettanto complesso è il passaggio in cui nella direttiva comunitaria si precisa che è estesa alle persone giuridiche la responsabilità per i reati commessi dai "sottoposti" in conseguenza di una "carenza di sorveglianza o controllo" (articolo 6, paragrafo 2). Come verrà formulato tale illecito nel nostro ordinamento? Con quali "gradazioni" soggettive porterà alla responsabilità amministrativa degli enti? Inoltre, la confisca, in caso di illeciti collegati a contaminazioni, avrà ad oggetto l'immobile (terreno o stabilimento) ove è esercitata l'attività produttiva? Sono solo alcune questioni, menzionate per rilevare l'importanza del ruolo del legislatore delegato.L'azione pubblica è già assai presente nel rapporto tra iniziativa economica e tutela dell'ambiente. Le "autorizzazioni preventive ambientali" sono molteplici (valutazione di impatto ambientale, valutazione ambientale strategica, ecc.) e di difficile coordinamento procedurale. In caso di contaminazione (anche accidentale o storica), le modalità di bonifica e messa in pristino sono effettuate sotto una stretto controllo delle amministrazioni, quando in altri Stati ad economia avanzata (anche Europei, quindi nella stessa "cornice" giuridica, come la Francia) l'intervento pubblico è solo eventuale e posteriore.
Eppure non è attraverso imposizioni sanzionatorie e cogenti che si preservano le (preziose) risorse naturali. È invece necessaria la consapevolezza che l'adozione di misure di gestione razionale delle risorse naturali e la conversione del sistema produttivo verso scelte tecnologiche di minore impatto per l'ambiente e la salute dei cittadini, oltre a conseguire uno sviluppo sostenibile delle attività imprenditoriali, aumenta la stessa capacità concorrenziale della nostra economia.
Ormai la crescita non può che passare attraverso la rivoluzione produttiva generata dalle tecnologie, tra cui, oltre quelle della comunicazione, si annoverano quelle a servizio della qualità della vita e della protezione del territorio. La delega potrebbe essere una irripetibile occasione per intervenire in maniera sistematica sull'intero sistema sanzionatorio ambientale, in modo da superare le irrazionalità di alcuni illeciti (come la violazione occasionale dei limiti legali agli scarichi) e la sostanziale inefficacia ed iniquità della disciplina attuale, confermata dai dati statistici (le condanne definitive per reati ambientali sono esigue e rare).
Solo un intervento equilibrato di riformulazione dei vincoli ecologici alle imprese potrebbe tutelare l'interesse collettivo della preservazione della natura; un inasprimento legislativo, senza un'organica riforma, potrebbe invece risolversi in un ulteriore (iniquo) vincolo allo sviluppo.

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