Con la sentenza n. 14906 del 2010 gli Ermellini hanno, per l’ennesima volta, sottolineato la responsabilità nonché la gravità di omettere l’assegno di mantenimento a favore dei figli. Tale reato è perseguibile ai sensi dell’art. 570 c.p. e deve anche risarcire l'ex coniuge per il disagio arrecato. L’obbligo di assistenza familiare si è concretizzato nell’aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore. La minore età' dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una condizione concreta ed individuale dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi tali mezzi di sussistenza. Nello specifico la moglie separata costituitasi parte civile, pur non essendo direttamente offesa dal reato, e' persona danneggiata dallo stesso e, come tale, legittimata a far valere le proprie pretese risarcitorie in sede penale anziché nella sede monitoria civile. Con tale giudizio la Cassazione ha confermato sia la condanna penale prevista per un uomo separato nel corso dei giudizi di merito che l'obbligo di versare alla ex moglie la somma di 18 mila euro a titolo di risarcimento del danno patrimoniale ed esistenziale. In tale sentenza hanno evidenziato che "in favore della donna può essere riconosciuto il risarcimento del danno morale, avendo la condotta illecita del marito inciso sulla situazione personale creandole disagi e sofferenze". L'obbligazione di mantenimento nei confronti dei figli, in particolare, trova già radici nell'ordinamento nazionale: l'art. 30 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce, infatti, che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. E' un obbligo che sorge direttamente ed in istantanea dal rapporto di filiazione e gravante non solo sui genitori nel caso di figli nati nell'ambito del matrimonio, ma, allo stesso modo, nel caso di riconoscimento del figlio naturale. La norma costituzionale in materia di mantenimento è ribadita dall'art. 147 del Codice Civile il quale esplicitamente prevede che "il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli", precisando, nel successivo articolo, che i coniugi devono adempiere l'obbligo in parola contribuendo in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo. Questo l'obbligo di mantenimento della prole non ha un carattere prettamente patrimoniale, esso è scevro sia dalla sussistenza della potestà genitoriale, sia dalla convivenza dei genitori con i figli. Nell'ambito della fondamentale disciplina costituzionale e codicistica si è inserita la giurisprudenza della Corte di Cassazione tracciare empiricamente le linee guida da adottare caso per caso mirate alla tutela dei figli, aggiornando la normativa all'evoluzione dei tempi e dei contesti sociali. Con la legge 54/2006 in caso di affidamento condiviso, entrambi i genitori provvedono direttamente al mantenimento dei figli, senza possibilità di richiedere rimborsi a meno che non sia diversamente stabilito dal giudice, che nel disporre in tal senso dovrà avere presente le eventuali disparità economiche esistenti tra i coniugi e comunque applicare, ai fini della determinazione dello stesso i parametri indicati dalla legge. L’assegno pertanto sarà solo eventuale, se deciso dal giudice. Qualificata dottrina (De Filippis, Affidamento condiviso dei figli nella separazione e nel divorzio — Cedam) ha asserito che “Ai sensi dell’art. 155, il giudice, prima di arrivare a decidere se sia necessario l’assegno, ha già stabilito il modo in cui ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli. Egli ha, pertanto già stabilito la proporzione in cui il mantenimento grava su ciascuno dei due e le sfere qualitative o temporali entro cui l’obbligo deve esplicarsi. Poiché ciò è avvenuto senza la previsione di alcun assegno perequativo, si deve ritenere che tutto sia stato previsto nella forma del mantenimento diretto. Se non vi fosse la previsione del quarto comma, relativa alla possibilità di inserire un assegno, il mantenimento sarebbe integralmente diretto. È proprio tale precetto che ripristina il mantenimento indiretto e lo fa attraverso l’inciso “se necessario”. Il nuovo art. 155 comma 4 c.c., nella sua formulazione, non differisce dalla precedente previsione, valutando la novità dell’espressa considerazione dei parametri di riferimento da utilizzare ai fini della quantificazione pecuniaria dell’assegno. Non è palese se il legislatore abbia inteso, con questa interpretazione, apportare un sostanziale innovazione valutativa della prospettiva, passando dal precedente sistema del mantenimento indiretto a quello diretto. Il dato di fatto è che mentre il mantenimento per il coniuge continua ad assumere la veste di "somma" da erogare, quello per i figli può essere anche diretto e l’assegno può essere considerato come valenza integrativa o essere del tutto escluso. Si può definire “mantenimento integrato”, intendendo con tale terminologia la funzione integrativa che talvolta l’assegno può assumere nel supportare il mantenimento diretto. Ciò avviene nei casi in cui il ricorso ad esso si presenti problematico o non compatibile con il principio di proporzionalità dell’apporto dei coniugi rispetto alle rispettive capacità reddituali: per es. due genitori con redditi differenti, che convivono periodi uguali con i figli; è evidente che il ricorso esclusivo al mantenimento diretto provocherebbe un esborso proporzionalmente maggiore in capo al coniuge dotato di disponibilità economiche più limitate, con conseguente violazione delle disposizioni della legge 54/2006. Si deve intendere che la corresponsione dell’assegno è finalizzata alla correzione delle disfunzioni e sperequazioni manifestate dal mantenimento diretto, senza che venga peraltro meno la natura preminente ed ordinaria tipica di quest’ultimo nell’ambito delle nuove previsioni di cui alla legge 54/2006.
(Cassazione, sezione VI penale, sentenza n. 14906 - D.ssa Mariagabriella Corbi)
fonte http://www.laprevidenza.it/news/assistenza/il-genitore-inadempiente-verso-i-figli-deve-versare-doppio-mantenimento/4608