Il diritto di accesso è esercitatile nei confronti del gestore di un servizio pubblico non solo con riguardo agli atti e ai documenti concernenti le attività da svolgere sulla base di una norma e quelle direttamente riguardanti la gestione del servizio, ma anche in relazione alla residua attività del gestore. In quest’ultimo caso però è necessario accertare, sulla base di un giudizio di bilanciamento, che sia riscontrabile un interesse pubblico prevalente rispetto a quello imprenditoriale.
Sulla scorta dell’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 928/2009, ha stabilito che il diritto di accesso agli atti detenuti dal gestore privato di un pubblico servizio che non riguardino direttamente la gestione del servizio va valutato caso per caso, sulla base di una valutazione composita, che", in primo luogo, "tenga conto del pubblico servizio in concreto svolto, della strumentalità, rispetto ad esso, dell'attività oggetto della domanda di accesso nonché di ulteriori parametri, meno pertinenti al caso in esame
La pronuncia origina da un ricorso avverso la sentenza del Tar Catania che aveva consentito ad una dipendente di una casa di cura l'accesso ai documenti il rapporto di lavoro intrattenuto con la stessa, "al fine di potere valutare le condizioni di procedere all'instaurazione di un contenzioso”.
In merito il CGA, rileva che anche i concessionari accreditati al servizio sanitario nazionale rientrano tra i soggetti passivi di richiesta di accesso agli atti, dal momento che , ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e) della legge n. 241/90 vanno ricompresi in tale nozione "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale."
Ciò posto si tratta di stabilire il contenuto e la consistenza di tale diritto, ossia se l’accessibilità debba essere garantita per tutte le attività poste in essere dai predetti soggetti, comprese quelle che non risultano neppure mediatamente connesse con tale servizio.
In tal senso, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale l'accesso è esercitabile nei confronti del gestore in relazione alle modalità con cui è materialmente gestito il servizio pubblico e a ciò che attenga alla sua organizzazione: i destinatari del servizio possono accedere agli atti suscettibili di incidere sulla qualità del servizio, sul rispetto delle norme che proteggono gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze. Ma, oltre alle attività da svolgere sulla base di una norma ed a quelle direttamente riguardanti la gestione del servizio, l'accesso può avere luogo anche in relazione alla residua attività del gestore, tutte le volte in cui si riscontri che l’interesse alla conoscenza degli atti e documenti risulti prevalente rispetto a quello alla riservatezza, o, in ogni caso, non arrechi un apprezzabile pregiudizio all’interesse e all’attività imprenditoriale.
Sulla base di questa premessa il CGA, in riforma della sentenza appellata (TARS CT n. 2039/2008), esclude la illegittimità del diniego di accesso ai documenti richiesti dalla ricorrente in prime cure, sulla base della considerazione che si tratta di atti rilevanti esclusivamente nell'ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato (nella specie, collaborazione professionale) con una casa di cura, non riguardanti profili funzionali ed organizzativi del servizio, ma richiesti al solo fine di valutare la sussistenza delle condizioni per procedere alla instaurazione di un contenzioso.
Sulla scorta dell’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 928/2009, ha stabilito che il diritto di accesso agli atti detenuti dal gestore privato di un pubblico servizio che non riguardino direttamente la gestione del servizio va valutato caso per caso, sulla base di una valutazione composita, che", in primo luogo, "tenga conto del pubblico servizio in concreto svolto, della strumentalità, rispetto ad esso, dell'attività oggetto della domanda di accesso nonché di ulteriori parametri, meno pertinenti al caso in esame
La pronuncia origina da un ricorso avverso la sentenza del Tar Catania che aveva consentito ad una dipendente di una casa di cura l'accesso ai documenti il rapporto di lavoro intrattenuto con la stessa, "al fine di potere valutare le condizioni di procedere all'instaurazione di un contenzioso”.
In merito il CGA, rileva che anche i concessionari accreditati al servizio sanitario nazionale rientrano tra i soggetti passivi di richiesta di accesso agli atti, dal momento che , ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e) della legge n. 241/90 vanno ricompresi in tale nozione "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale."
Ciò posto si tratta di stabilire il contenuto e la consistenza di tale diritto, ossia se l’accessibilità debba essere garantita per tutte le attività poste in essere dai predetti soggetti, comprese quelle che non risultano neppure mediatamente connesse con tale servizio.
In tal senso, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale l'accesso è esercitabile nei confronti del gestore in relazione alle modalità con cui è materialmente gestito il servizio pubblico e a ciò che attenga alla sua organizzazione: i destinatari del servizio possono accedere agli atti suscettibili di incidere sulla qualità del servizio, sul rispetto delle norme che proteggono gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze. Ma, oltre alle attività da svolgere sulla base di una norma ed a quelle direttamente riguardanti la gestione del servizio, l'accesso può avere luogo anche in relazione alla residua attività del gestore, tutte le volte in cui si riscontri che l’interesse alla conoscenza degli atti e documenti risulti prevalente rispetto a quello alla riservatezza, o, in ogni caso, non arrechi un apprezzabile pregiudizio all’interesse e all’attività imprenditoriale.
Sulla base di questa premessa il CGA, in riforma della sentenza appellata (TARS CT n. 2039/2008), esclude la illegittimità del diniego di accesso ai documenti richiesti dalla ricorrente in prime cure, sulla base della considerazione che si tratta di atti rilevanti esclusivamente nell'ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato (nella specie, collaborazione professionale) con una casa di cura, non riguardanti profili funzionali ed organizzativi del servizio, ma richiesti al solo fine di valutare la sussistenza delle condizioni per procedere alla instaurazione di un contenzioso.
(C.G.A. - Sez. Giurisdizionale - Sentenza 15 ottobre 2009 , n. 928 - Avv. Dario Immordino)
fonte http://www.laprevidenza.it/news/leggi-e-normative/diritto-di-accesso-agli-atti-dei-gestori-di-pubblici-servizi/4071
fonte http://www.laprevidenza.it/news/leggi-e-normative/diritto-di-accesso-agli-atti-dei-gestori-di-pubblici-servizi/4071