Sequestro preventivo dello Studio Legale di un avvocato accusato di attività delittuosa

E’ illegittimo in quanto manca il nesso di pertinenzialità tra i reati contestati e il bene sequestrato
Nei confronti di un avvocato accusato dei reati di falsa testimonianza e frode alle assicurazioni, il Tribunale del riesame di Cosenza disponeva il sequestro preventivo dell’immobile adibito a studio legale del medesimo avvocato. Avverso tale pronuncia, l’imputato ha promosso ricorso per Cassazione. Con la Sentenza n. 36201/2010, la Suprema Corte ha accolto il ricorso.
Il ricorrente ha dedotto l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo del ritenuto nesso di pertinenzialità tra il bene in sequestro e i reati contestati.In particolare, si è negato che lo studio professionale in questione costituisse cosa pertinente al reato, potendo al massimo rappresentare il “locus commissi delicti”, considerato che tra il bene sottoposto a vincolo reale e l’attività illecita contestata non sussisteva una relazione di pertinenza strumentale, dotata dei caratteri della specificità, stabilità e indissolubilità strumentale; che, in ogni caso, il rapporto di strumentalità tra il bene in sequestro e il suo possibile utilizzo criminoso imporrebbe che il sequestro preventivo avesse a oggetto “cose” oggettivamente e specificamente predisposte per la realizzazione di attività criminose e che per ciò stesso costituissero un mezzo indispensabile, stabile e specifico per l’attuazione o la prosecuzione della attività illecita. Inoltre, il ricorrente ha prospettato la violazione di legge e il vizio di motivazione sotto il profilo dell’apparenza delle giustificazioni, che sono state offerte a fondamento dell’affermazione che lo studio legale fosse la sede naturale, base logistica e operativa del sodalizio criminoso, posto in essere dagli associati per realizzare, truffe alle, compagnie di assicurazione. La Suprema Corte ha ritenuto le censure fondate, osservando che il ricorso alle norme generali in tema di sequestro preventivo, nei casi in cui quest’ultimo sia finalizzato a impedire la protrazione dell’attività illecita, è necessaria, la presenza di una correlazione indefettibile tra l’immobile e la commissione del reato, la quale sussiste quando l’immobile non è soltanto il luogo dove si compie l’attività illecita, in astratto realizzabile anche, altrove, ma costituisce il mezzo indispensabile per l’attuazione e la protrazione della condotta illecita. Ora, nel caso di specie, ad avviso della Corte, non può considerarsi “ex se”, la sede dello studio legale, in assenza di altri elementi idonei a avvalorare l’unicità e la indispensabilità di tale studio, in termini di indissolubile esclusiva e necessaria funzionalità per l’utile conseguimento degli obiettivi illeciti, inteso come luogo insostituibile, al fine di realizzare e proseguire le condotte illecite costituite dai delitti di falsa testimonianza e dalle condotte fraudolente messe in atto nei confronti di compagnie assicuratrici. Le misure cautelari non possono tenere conto di qualsiasi profilo di “colpevolezza”, proprio perché la funzione preventiva non attiene all’autore del fatto criminoso, ma concerne solo il tasso di “pericolosità” di alcune cose in quanto si pongono con un vincolo di pertinenzialità rispetto al reato.Tale pertinenzialità postula che la libera disponibilità di tali cose possa costituire una situazione di pericolo, tanto è vero che il sequestro preventivo, ancorché funzionale alla confisca, ben può tralasciare qualsiasi verifica in merito alla fondatezza dell’accusa. Pertanto la Corte ha ribadito che l’immobile adibito a studio legale per l’esercizio della professione di avvocato non può ritenersi collegato, in modo automatico, da un nesso strumentale diretto e immediato all’esercizio di tale attività, che è caratterizzata piuttosto dal rapporto fiduciario esistente tra il professionista e il cliente e che può svolgersi in luoghi diversi. Non è pertanto consentito sottoporre tale immobile a sequestro preventivo, non sussistendo il rapporto di pertinenzialità tra l’attività delittuosa in questione e lo studio in cui la medesima viene esercitata e tenuto in particolare conto che nel caso di specie, al ricorrente non è contestato il reato di associazione per delinquere, al fine di realizzare truffe in danno di compagnie di assicurazione e che costui ha dedotto, senza che sul punto vi sia stata risposta da parte del Tribunale del riesame, che la sua attività non era per nulla limitata a quel preciso contenzioso assicurativo, che fondava il provvedimento cautelare reale, ma si estendeva a altri e molteplici settori in materia civilistica.

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