Stretta su fedeltà e riservatezza

Il restyling della proprietà industriale ha un effetto "catenaccio" sul vincolo di riservatezza che nasce dal rapporto di lavoro. E al tempo stesso mette in equilibrio il rapporto diritti-doveri, tra imprese e lavoratori (dipendenti e collaboratori), comportando la diffusione di una serie di strumenti "anti-abuso". Le novità sono contenute nel Dlgs 131/2010, in vigore dal 2 settembre, che ha apportato significative modifiche al codice della proprietà industriale.
Sul fronte delle invenzioni vere e proprie, la riforma ritocca l'articolo 64 del codice e fa rientrare nella disciplina del compenso che può spettare al dipendente per le sue scoperte anche quelle che non siano state brevettate, ma utilizzate senza brevetto, purché in «regime di segretezza industriale». Deve sempre trattarsi di invenzioni brevettabili, cioè avere ad oggetto qualcosa che sia suscettibile di fabbricazione o utilizzo industriale.
Ma la riforma incide anche sul fronte del know how non brevettabile, che comprende informazioni ed esperienze meno tangibili e su cui pure si concentra con crescente intensità la capacità di innovazione e la competitività delle imprese. Si pensi alle raccolte di dati, alle tecniche commerciali e di marketing, a metodologie originali di lavoro, procedure interne di ottimizzazione di tempi, minimizzazione di costi, affinamento del customer care, eccetera: informazioni su cui si può misurare la capacità di un'impresa di competere, specie in particolari settori del terziario avanzato.
Sono proprio queste conoscenze quelle più compenetrate nel team di lavoro in cui si formano, o nei manager che le sviluppano. La riservatezza di questo specifico know how, anche quando il team si scioglie, o quando il manager abbandona l'azienda, è allora per l'impresa un tema di cruciale importanza. Dal punto di vista del dipendente è per contro importante essere consapevole del confine che passa fra il proprio bagaglio di competenze ed esperienze sviluppate in un'azienda ma spendibile anche altrove e, d'altro canto, ciò che egli non può "portarsi appresso" se non violando un diritto proprietario riservato al precedente datore di lavoro.
È su questo confine, che offre frequenti occasioni di contenzioso fra aziende e dipendenti o ex dipendenti, che intervengono due norme del codice. L'articolo 98 definisce l'oggetto della tutela, ossia le caratteristiche, di «sostanzialità» e di segretezza dei dati che non possono essere violati. L'articolo 99 prevede, come forma di tutela, il potere del detentore delle informazioni di vietarne ogni appropriazione od utilizzo. Quest'ultima norma è ora modificata in senso restrittivo. Il testo originario era espresso nei termini più ampi ed incondizionati, il che aveva dato campo libero a richieste di inibitoria delle aziende nei confronti di dipendenti ed ex dipendenti che si riteneva avessero utilizzato informazioni aziendali. Ora invece il divieto subisce alcune condizioni, con l'intento di circoscrivere le condotte illegittime.
In particolare, è richiesta la prova che l'acquisizione delle informazioni sia stata «abusiva». L'impatto della riforma si misurerà sull'interpretazione in concreto di questo requisito aggiuntivo. Nel rapporto di lavoro, l'abuso potrà essere rappresentato dalla violazione di specifiche regole e procedure aziendali. È da ritenere dunque che ciò porterà ad agire su queste regole e a potenziare strumenti ad hoc, come i patti di confidenzialità da stipulare fra azienda e singoli collaboratori, o i regolamenti e codici aziendali, chiamati a definire preventivamente quali siano le informazioni ed esperienze da considerare riservate, istituendo nel contempo anche misure o procedure adeguate a mantenerle segrete. Questi strumenti, se congegnati in modo mirato e non affidati alle formulazioni generiche cui spesso sono rimessi, possono conseguire un risultato positivo per entrambe le parti coinvolte.
Le aziende potranno così superare il loro aggiuntivo onere probatorio indicando le regole interne che siano state concretamente violate. I collaboratori avranno acquisito un risultato in termini di certezza, conoscendo in anticipo l'esatto perimetro delle informazioni riservate all'azienda, e saranno meno esposti a essere intralciati, nella loro carriera, dal rischio di rivendicazioni strumentali dei loro precedenti datori di lavoro.
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Le norme generali e i codici interni
Obbligo di fedeltà (articolo 2105, codice civile)
- Fra gli "obblighi di fedeltà" che gravano su ogni lavoratore dipendente (dagli operai ai dirigenti) c'è anche il divieto
di divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi
di produzione dell'impresa, anche se ciò non avviene
in favore di imprese concorrenti.
- La violazione può comportare misure disciplinari
e il licenziamento "in tronco", ossia senza preavviso.
- Vale solo per la durata del rapporto di lavoro.
Patti di riservatezza o di confidenzialità
- Sono accordi individuali fra azienda e lavoratore dipendente; possono essere stipulati sia contestualmente all'assunzione, sia successivamente.
- Consentono di determinare chiaramente, nel concreto della singola azienda e dell'attività lavorativa, quali informazioni debbono ritenersi confidenziali e quali sono le procedure corrette di accesso e di trattamento di tali informazioni e quali invece gli abusi.
- Valgono anche oltre la durata del rapporto di lavoro e vincolano, quindi, anche chi si sia dimesso o sia stato licenziato.
- A differenza del patto di non concorrenza, non presuppongono
il pagamento di un corrispettivo.
Segreto industriale (Codice della proprietà industriale - Decreto legislativo 30/2005)
- Tutela tutte le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali (articoli 98 e 99 del codice).
- Vale sempre, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
La comunicazione di queste informazioni vale anche per gli ex dipendenti, che le abbiano acquisite durante il rapporto di lavoro poi cessato.
- Il divieto è circoscritto a quelle informazioni che, secondo le circostanze, debbono considerarsi segrete e che siano state acquisite con modalità "abusive".
Regolamenti aziendali e codici etici
- Si tratta di documenti predisposti dal solo datore di lavoro,
in base al potere del datore di lavoro di dettare regole interne all'azienda .
- Si propongono la medesima finalità di definire sia l'ambito
delle informazioni riservate e quali sono le procedure di accesso
e di trattamento.
- Sono efficaci finché dura il rapporto di lavoro.
In quanto unilaterali, valgono infatti soltanto come espressione del potere direttivo dell'azienda, che cessa col cessare
del rapporto con il singolo lavoratore.

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